Il locatore, inerte per anni, che chiede al conduttore il pagamento di ben 52 canoni di locazione (pari ad oltre 4 anni di mensilità), non esercita un abuso del proprio diritto né tale inerzia deve necessariamente essere configurata come una tacita volontà di rinunciare al diritto di credito, a meno che tale volontà non sia del tutto inequivocabile.

Nel caso di specie la Corte di Cassazione, con sentenza n. 11219 del 26.04.2024, ha stabilito che difettassero gli elementi per ravvisare il ragionevole affidamento del conduttore nella remissione del debito atteso che l’inerzia del locatore era giustificata dal fatto che il bene fosse gravato da un pignoramento immobiliare.

Il semplice ritardo di una parte nell’esercizio delle proprie prerogative può dar luogo ad una violazione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto soltanto se, non rispondendo ad alcun interesse del suo titolare, si traduce in un danno per la controparte

L’inerzia del creditore ad escutere il debitore non equivale a rinuncia tacita del proprio diritto