Ai sensi dell’art. 545, comma 7, c.p.c., il limite di impignorabilità della pensione è stabilito in Euro 1.000,00.
Per la parte eccedente, il pignoramento può eseguirsi entro determinate soglie indicate dal legislatore (art. 545 c.p.c.).
Con riferimento allo stipendio, è bene evidenziare innanzitutto che il legislatore stabilisce un limite per il pignoramento dello stipendio, garantendo al lavoratore dipendente il sostentamento (il c.d. “minimo vitale”).
Tale limite varia a seconda che il pignoramento venga disposto sulla retribuzione che il datore di lavoro deve ancora corrispondere al dipendete o sulla somma che sia già stata accreditata sul conto corrente del lavoratore.
Solo in quest’ultimo caso il valore pignorabile muta ogni anno in quanto dipende dall’importo dell’assegno sociale (rivalutato annualmente in base all’inflazione).
Non esistono dunque stipendi troppo bassi per essere pignorati (se lo stipendio fosse di Euro 500,00 netti, il limite di 1/5 è pari a 100,00, ex art. 545 c.p.c.).
Proprio in relazione al caso in cui il creditore intenda sottoporre ad esecuzione lo stipendio già accreditato sul conto del lavoratore, la somma può essere pignorata per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale.
Nel 2024, con un assegno sociale di Euro 534,41, il limite oltre cui è possibile procedere a pignoramento è stato innalzato ad Euro 1.603,23 (triplo dell’assegno sociale). Se dunque il lavoratore ha un conto corrente la cui capienza è di Euro 2.500,00 si potrà pignorare soltanto la somma di 896,77.
Lo stesso dicasi con riferimento al pignoramento del TFR (a seconda che sia dunque già erogato o meno).