Con ordinanza n. 27999 del 31 ottobre 2019 la Cassazione ha statuito che al contratto di leasing traslativo si applica l’art. 1526 c.c. (norma dettata in tema di vendita con riserva della proprietà, che prevede il ripristino delle originarie posizioni contrattuali in caso di risoluzione) ma solo se detta risoluzione sia avvenuta a causa dell’inadempimento di una delle parti. Nel caso, invece, in cui il contratto di leasing si sciolga per mutuo consenso, il rapporto contrattuale si estingue con efficacia “ex nunc”, non operando, in assenza di diversa volontà delle parti, la disciplina di cui agli artt. 1458 e 1526 c.c. Secondo la Corte di Cassazione, il principio secondo cui la risoluzione del leasing traslativo imporrebbe l’integrale restituzione dei canoni di locazione corrisposti dall’utilizzatore sarebbe privo di fondamento ed è contraddetto dalla stessa formulazione dell’art. 1526 c.c.: “In tema di scioglimento per mutuo consenso, ai sensi dell’art. 1372 c.c., comma 1, del contratto di leasing traslativo, non trova applicazione -neppure analogica- la disposizione dell’art. 1526 c.c. che prevede il ripristino delle originarie posizioni delle parti contraenti attraverso la restituzione all’utilizzatore delle rate versate ed il riconoscimento al concedente del diritto all’equo compenso per l’uso del bene, difettando nel caso di accordo solutorio l’indefettibile presupposto legale dell’inadempimento imputabile a colpa dell’utilizzatore che determina la risoluzione del contratto, atteso che i contraenti – nell’esercizio della loro autonomia negoziale – hanno valutato confacente ai propri interessi non dare ulteriore seguito alla esecuzione del rapporto obbligatorio, ritenendosi soddisfatti dalla parziale attuazione del contratto.
In tal caso il contratto solutorio puro -che non contenga ulteriori disposizioni concernenti il rapporto estinto- produce quale unico effetto quello della liberazione delle parti contraenti dall’obbligo di eseguire le ulteriori prestazioni ancora dovute in virtù del precedente contratto”.
Nel caso di specie dunque il contratto originario doveva quindi intendersi risolto consensualmente a fronte della cessazione del pagamento dei canoni seguita dalla restituzione dell’immobile.